Raccogliere dati è un modo per raccontare ciò che ci circonda, le nostre attività, ma anche fenomeni, eventi, situazioni che riguardano la sfera pubblica.
Con i dati possiamo contare quante persone prendono i mezzi pubblici per andare a lavoro, quante sono in smart working e quante hanno ricominciato a viaggiare in aereo. Possiamo valutare l’impatto della pandemia su queste tre attività, mettere a confronto i dati pre-Covid con quelli attuali. E analizzando questi numeri possiamo stimolare riflessioni facendoci delle domande: serve aumentare il numero di autobus negli orari di punta? Può essere utile continuare a lavorare da casa, o è meglio offrire la possibilità di scelta? Quanto è diminuita la frequenza di viaggi nazionali rispetto a quelli internazionali?
Possiamo sfruttare questi esempi per capire cosa si intende per approccio intersezionale quando si parla di dati. Si tratta di un modo di guardare a statistiche e grafici che può farci porre ulteriori domande: è sostenibile a livello climatico continuare a viaggiare in aereo come abbiamo sempre fatto? Dovremmo offrire agevolazioni economiche per favorire l’uso dei mezzi di trasporto pubblici? Perché lo smart working è più richiesto dagli uomini che dalle donne?
Questi sono solo alcuni esempi di come i dati ci permettano di leggere la realtà intorno a noi, per modificarla in meglio, ottimizzarla, renderla più sostenibile, accessibile ed equa.
La promozione dell’equità di genere attraverso un approccio femminista ai dati è la base della campagna Dati per contare lanciata a marzo 2021 da Period Think Tank, che martedì 30 novembre ha organizzato il suo primo convegno nazionale a Bologna. In Dataninja sosteniamo e condividiamo gli obiettivi che questa campagna propone: aprire e disaggregare i dati di genere e mettere in atto una valutazione sull’equità dell’impatto delle azioni politiche.

Si tratta di chiedere alle amministrazioni pubbliche di integrare in tutte le fasi delle azioni amministrative – valutazione ex-ante, progettazione, intervento, valutazione di impatto e monitoraggio – quella che viene definita gender mainstreaming. Con questo termine si intende una prospettiva, uno sguardo di genere che riguarda i diversi livelli e le diverse aree di intervento, facendo partecipare associazioni territoriali e aprendo alla rappresentanza delle categorie svantaggiate e discriminate.
Partendo proprio da Bologna e dalla regione Emilia-Romagna, questi impegni sono stati chiesti innanzitutto ai comuni, in quanto istituzioni più prossime alla cittadinanza. Gli obiettivi politici nazionali devono essere infatti definiti a partire da dati che rispecchiano le diverse realtà territoriali esistenti.
Durante il convegno si sono susseguiti interventi di approfondimento con esperte ed esperti, responsabili delle Istituzioni nazionali e territoriali, per discutere come il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) possa essere reso più equo, trasparente e accessibile, così come anche argomentato dalla campagna Dati Bene comune. Durante il pomeriggio sono stati invece organizzati tavoli di lavoro per iniziare a raccogliere input, necessità e creare reti di collaborazione.

Giulia Sudano, presidente di Period, è partita da due dati fondamentali:
- l’indice europeo dell’EIGE pone ancora, nel 2020, l’Italia al 14esimo posto in termini di disuguaglianze di genere, 5 punti sotto la media europea;
- secondo il Rapporto del Ministero dell’Economia e della Finanza, dei fondi stanziati nel PNRR solo l’1,6% del totale (3,1 miliardi circa) sono mirati alle donne; il 18,5% (35,4 miliardi) riguarda misure che potrebbero avere riflessi positivi indiretti nella riduzione dei divari di genere. Si parla quindi del 20% dei fondi diretto alle donne, che rappresentano il 51% della popolazione totale italiana.
Questi dati dimostrano la necessità di parlare di equità, piuttosto che di parità di genere. La disuguaglianza sociale non permette a tutte le persone di partire dalla stessa posizione, per questo le azioni politiche devono mettere in atto approcci differenti per occuparsi delle diverse categorie di persone.
Quella del PNRR è una leva, un’occasione per innescare cambiamento, creando nuovi strumenti, metodologie, ma anche competenze. “Stiamo cercando di portare il femminismo nel mondo dei dati, ma anche il mondo dei dati nel femminismo”, spiega Sudano, evidenziando la necessità di formare persone, enti e associazioni affinché il monitoraggio civico, la rete di raccolta e analisi dei dati parta dal basso. Con competenze che siano tanto tecniche, di gestione di ogni fase del ciclo dei dati, quanto di sguardo, di lettura di genere.
In copertina: Intervento di Katia Scannavini – Vice Segretaria Generale di ActionAid | Fotografia di Michele Lapini