I progetti di data journalism e la data visualization, quasi per definizione, nascono con obiettivi legati all’accessibilità e alla democratizzazione: generalizzando, si tratta di raccontare dati e argomenti complessi con linguaggi che li riescano a rendere più chiari a un (vasto) pubblico. Nella pratica, però, ci sono diversi ostacoli da superare affinché la comunicazione dei dati possa davvero raggiungere le persone in maniera equa. In questo articolo proviamo a fare una sintesi delle tematiche più dibattute nel campo della comunicazione dei dati inclusiva, e delle risorse disponibili per approfondirle.

Accessibilità

Il concetto di “accessibilità” nel campo del web design e della data visualization si riferisce all’idea che questi prodotti debbano essere fruiti da chiunque indipendentemente dalle proprie abilità fisiche – siano esse visive, motorie, uditive o di parola. In molti progetti, garantire l’accessibilità può essere un vero e proprio requisito legale. In questi casi, in genere il punto di riferimento sono gli standard internazionali, come Web Content Accessibility Guidelines (WCAG), che contengono specifiche tecniche o di design su come realizzare progetti accessibili. Per aiutarti nell’implementazione di queste linee guida, esistono diversi tool, come plugin per WordPress, per i PDF Adobe, o framework per le app Android.  Molti dei quali inclusi in questo elenco di risorse curato dalla Web Accessibility Initiative.

In Italia, la legge di riferimento per l’Accessibilità digitale è la Legge n. 4 del 9 gennaio 2000 e dunque, se si lavora con le Pubbliche Amministrazioni, bisogna fare una riflessione attenta su come far funzionare le proprie visualizzazioni dati rispettando gli standard di accessibilità richiesti. Questa pagina dell’AGID può essere un utile punto di accesso con risorse per comprendere meglio come muoversi in questo campo rispettando la normativa italiana.

Nella data visualization

La maggior parte delle risorse ufficiali (standard, normative…) legate all’accessibilità riguardano i contenuti web in generale. Per capire come declinare questi concetti al campo della dataviz e rendere accessibili le proprie visualizzazioni dati, bisogna invece affidarsi a buone pratiche sviluppate informalmente da chi lavora nel campo, o ingegnarsi autonomamente per trovare soluzioni ad hoc per i propri progetti.

In riferimento al tema dell’accessibilità delle visualizzazioni, una delle questioni più affrontate riguarda l’uso dei colori, per garantire la comprensione da chi ha varie forme di daltonismo. Esistono infatti diversi tool, come VizPalette, per controllare l’accessibilità della propria palette colori, e i tool di visualizzazione dati più popolari, come Datawrapper, hanno tutti delle funzionalità integrate per assicurarsi di aver scelto colori “color-blind friendly”, ovvero che rimangono distinguibili anche per chi ha forme di daltonismo. Oltre a questi strumenti, esistono anche moltissime altre risorse e articoli che discutono della problematica nel dettaglio, come questo, questo o questo

Fonte: il tool VizPalette

Frank Elavsky, esperto di dati, design e accessibilità, su Twitter fa notare come sia spropositata la quantità di risorse dedicata al tema del daltonismo nella dataviz, sebbene sia facilmente risolvibile con qualche accortezza e riguardi una minoranza di persone (spoiler: geneticamente, il problema pare riguardare soprattutto uomini nord europei, fa notare Elavsky). Di contro, secondo l’autore del tweet, molto meno spazio, è dedicato ad altre forme di disabilità o difetti alla vista molto più comuni.

Fonte: Twitter

Una risorsa ricchissima per chi voglia approfondire il tema dell’accessibilità e dataviz è per me questo repository su GitHub, un lavoro del gruppo dataviza11y coordinato dallo stesso Frank Elavsky menzionato nel paragrafo precedente. Il repository contiene decine e decine di articoli sul tema, tra i quali consiglio questa introduzione di Stephanie Evergreen con alcuni modi per applicare gli standard di accessibilità alle dataviz, oppure gli articoli del blog di Sarah L. Fossheim.

Fonte: Dataviz Accessibility Resources

L’accessibilità da sola non basta

Sebbene gli standard e le normative siano un importante passo verso contenuti digitali accessibili, vi sono una serie di limiti:

  • Si occupano principalmente di garantire la fruizione a chi ha delle disabilità fisiche: il tema di cosa fare per garantire accessibilità dei contenuti nel campo della neurodiversità, per esempio, non viene affrontato. Al di là degli standard, anche nel dibattito generale sull’accessibilità questo rimane un tema perlopiù di nicchia, spesso delegato a consigli euristici più che a solide ricerche scientifiche.
  • L’accessibilità come declinata dagli standard, in cui è riferita solo a disabilità fisiche e al modo in cui sono presentati i contenuti online, è limitante rispetto ad un suo senso più generale: una riflessione più profonda sull’accessibilità dovrebbe riguardare anche l’accesso e la comprensione dei contenuti da parte di persone appartenenti alle categorie demografiche più a rischio di esclusione, per esempio: chi possiede solo il cellulare per navigare in Internet; chi vive in zone con una scarsa qualità di connessione alla rete; chi ha una scarsa alfabetizzazione numerica e/o digitale, etc.

Dove non sono ancora arrivati gli standard e le normative, è però arrivato il pensiero critico delle molte persone che, in ambito accademico o in ambito professionale, si sono interrogate sulla questione più ampia dell’inclusività della comunicazione e visualizzazione dei dati, che va ben oltre l’implementazione di raccomandazioni tecniche o una visione binaria della abilità/disabilità nella quale quest’ultima rappresenterebbe l’unico ostacolo a una fruizione davvero equa dei contenuti.

Inclusione

L’Inclusive Design Research Center (IDRC) definisce il design inclusivo come “progettazione che considera l’intero spettro della diversità umana in termini di abilità, lingua, cultura, genere, età ed altre modalità di differenze umane” [definizione tratta da Design Justice di Sasha Costanza-Chock]. Delle buone fonti per approfondire il concetto sono la guida al design inclusivo sviluppata proprio dall’IDRC, il toolkit della University of Cambridge o la fantastica lista di risorse curata da a11yproject che si occupa di accessibilità e inclusività in maniera esaustiva. 

Nella data visualization

Applicare i principi dell’inclusive design alla visualizzazione dati può innanzitutto voler dire occuparsi di evitare scelte di design che veicolano razzismo, sessismo o abilismo, per esempio in aspetti come:

  • l’ordine degli elementi nelle legende, 
  • i nomi delle categorizzazioni utilizzate, che dovrebbero rispecchiare il linguaggio prescelto dai gruppi di persone oggetto della categorizzazione – come illustrato in questo capitolo della bella guida sulla comunicazione sanitaria inclusiva stilata dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) statunitense.
  • colori che potrebbe riprodurre stereotipi,
  • icone che potrebbero essere un’oggettificazione stereotipata e offensiva,
  • font che comunicano “esotismo” e stereotipi,
  • proiezioni geografiche, e più in generale, scelte cartografiche che riproducono eredità dell’epoca coloniale;
  • l’impiego di gergo e parole tecniche senza la presenza di note e spiegazioni.
Fonte: Esempio di una legenda per un grafico che suggerisce gerarchie tra le categorie utilizzate. Tratto da Applying Racial Equity Awareness in Data Visualization di Jonathan Schwabish e Alice Feng.
Fonte: In questo lavoro del Telegraph sul gender gap salariale, la scelta cromatica della visualizzazione dati è stata ispirata dai colori utilizzati dai manifesti delle suffraggette, invece che dallo stereotipato uso del rosa/azzurro per parlare di uomini e donne.

Puoi approfondire queste problematiche con risorse come Applying Racial Equity Awareness in Data Visualization di Jonathan Schwabish e Alice Feng; The Politics of Design di Ruben Pater; o i lavori sulla cartografia decoloniale e femminista.

Questo articolo ha provato a tracciare una breve sintesi del complesso panorama di iniziative, questioni e risorse disponibili. Ma, come avrai potuto notare, le tematiche sono tante e non esistono soluzioni pronte o checklist in grado di coprire tutti gli aspetti di una comunicazione dati davvero inclusiva. Si tratta soprattutto di applicare il proprio pensiero critico di volta in volta, per ogni progetto e in base ai propri obiettivi, per ragionare su chi potrebbe esserne escluso.