“Contribuire a divulgare l’abitudine di riferirsi a una fonte quando si parla, di utilizzare il metodo scientifico anche quando si fa informazione non scientifica.”
L’autrice di questo pensiero, che condividiamo al 100%, è la protagonista dell’intervista che trovate in questa newsletter: Cristina Da Rold, giornalista e comunicatrice scientifica, che su Medium qualche settimana fa ha condiviso il suo bilancio di cinque anni di lavoro come “data journalist”. Tra virgolette perché non ama definirsi così e anzi, le piacerebbe che l’approccio data driven fosse adottato da tutti i giornalisti e dalle redazioni. Invece “Mentre il Wall Street Journal ha aperto un Lab Ricerca e Sviluppo che fa delle cose pazzesche con l’intelligenza artificiale in redazione, qui ancora c’è chi paga gli articoli a riga“.
Per rileggere la prima intervista, ad Alice Corona, passate sul blog di Dataninja, invece Cristina si racconta qui di seguito.
L’intervista
Il tuo lavoro in 140 caratteri?
Giornalista freelance, soprattutto in rete e soprattuto data-driven. Mi occupo prevalentemente di salute, con particolare attenzione agli aspetti sociali ad essa correlati, disuguaglianze, povertà.
Come ci sei arrivata? Esperienze, studi, corsi di formazione…
Ho frequentato il Master in giornalismo scientifico digitale della SISSA di Trieste, nel 2012-13, e uno dei corsi era, appunto, data journalism. Tutto è iniziato lì, con il corso e con il mio primo lavoro che è stato la mia tesi di Master.
C’è qualcosa che non rifaresti del tuo percorso professionale?
Sono contenta di tutte le esperienze fatte, anche di quelle che si sono risolte in modo poco felice e per le persone che possono avermi delusa. Fa parte del gioco, tutto insegna.
Qual è stata invece l’esperienza che ti ha dato tanto?
Non ce n’è una, sono tantissime. Come freelance lavoro con tante redazioni e per ogni tema che vado a studiare imparo dalle persone che intervisto, che mi spiegano il valore dei dati che racconto. Sicuramente ti dà tanto chi ti dà fiducia per la prima volta, per iniziare il tuo percorso. Devo ringraziare il team di data journalism che a suo tempo mi aveva dato spazio e Guido Romeo che mi aveva accolta sul data blog di Wired, dove ho pubblicato i miei primi pezzi.
Strumenti preferiti?
Siccome non sono un fenomeno di tecnologia vado sul semplice: io uso Carto e Infogram per la maggior parte.
Qual è secondo te il miglior lavoro di data journalism degli ultimi 5 anni e perché
Non saprei proprio e non mi piace molto fare classifiche di questo tipo, anche perché dovremmo decidere un criterio: meglio nel senso di complessità dell’analisi del dato? Della complessità della visualizzazione? Dell’utilità sociale del tema? Del reale impatto sociale che ha avuto? Personalmente trovo che i lavori migliori di data siano quelli che riescono a far saltare più grimaldelli in chi vive di pregiudizi. E ci sono molti colleghi che stanno facendo ottimi lavori in Italia.
C’è un progetto a cui stai lavorando ora e che vuoi raccontarci?
Da qualche mese ho la fortuna di collaborare con Code4Africa, in particolare su un progetto data driven per creare una piattaforma interattiva pensata per giornalisti locali africani e per i cittadini, dove trovare informazioni geolocalizzate sulle principali malattie infettive di ogni paese. Al momento stiamo lavorando sul colera, con un team sparso in tutto il mondo e soprattutto con un ottimo staff in Africa. Trovo che cose come queste possano avere (lo spero!) un impatto sociale enorme. Sto imparando tanto.
Sul sito di Cristina Da Rold potete esplorare il suo portfolio e i temi di cui si occupa.
Cosa succede nel mondo #datadriven
Dal nostro inviato Andrea Nelson Mauro: il 4-5-6 luglio alla Conferenza Nazionale di Statistica (evento biennale dell’Istat) si è parlato di Data Journalism. In estrema sintesi: c’è tanta voglia di portare più dati nel mondo dell’informazione, ma c’è ancora tanta distanza sulle competenze di base. Significa che i giornalisti, anche se usano i dati, spesso sono poco inclini a capire che dietro a ogni tabella ci dev’essere una metodologia, che va capita prima di usare i dati. Altrimenti i dati, o non li capiamo o li pieghiamo a dire cose che non sono corrette. Questo tweet di Mattia Feltri è un classico esempio di sbagliata interpretazione di un dato.

Lo Stato dell’AI nel 2018: un report di 156 slide da leggere sotto l’ombrellone.
Verifica e fact checking: una toolbox completa.
Twitter come fonte: una lista di tool dal blog della London School of Economics.
Amsterdam: oggetti trovati scavando la nuova linea metropolitana, catalogati, fotografati…e scaricabili in csv (via Alice Corona)
Caramelle: se vi siete mai chiesti come visualizzare un quadrilione di pacchetti di caramelle, c’è chi ci ha provato.

Save the date
So Big Data Soccer Challenge: una competizione aperta a tutti gli appassionati di dati e calcio, che si svolgerà a Pisa il 12 e 13 ottobre 2018. Per 30 ore consecutive, le squadre partecipanti si sfideranno sullo sviluppo di una soluzione per l’analisi di partite di calcio. Iscrizioni entro il 15 agosto.
Visualizar’18: Personal Data: call for proposal che scade il 26 agosto.
La domanda del mese
Come raccogliere dati sui reati a movente razzista negli ultimi anni in Italia? Ecco la soluzione!